Francesco Guccini - Signora Bovary [LOSSLESS FLAC] [Tntvillage.Scambioetico]

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Francesco Guccini - Signora Bovary [LOSSLESS FLAC] [Tntvillage.Scambioetico]

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Francesco Guccini - Folk Beat n° 1



Francesco Guccini nasce a Modena, in via Domenico Cucchiari 22, il 14 giugno del 1940. Il 10 giugno, quattro giorni prima, l'Italia fascista trascinava un intero paese in guerra: è così che Ferruccio Guccini fu costretto a partire per il fronte. Siccome cominciavano a essere razionati i generi alimentari la madre di Francesco, Ester Prandi, decide di trasferirsi a Pàvana, ridente località dell'Appennino pistoiese, nella casa dei nonni paterni, dove almeno il mangiare sarebbe stato assicurato.
Guccini oggi ricorda l'atmosfera pavanese che tanto faceva a pugni con quella tetra della guerra: "Rimasi in quel vecchio e bellissimo mulino per i primi cinque anni della mia vita, ricevendo l'imprinting pavanese di cui parlo spesso. Lì imparai a parlare, mangiare, camminare, osservare, ridere, piangere, desiderare".

A soli 19 anni (è il 1959) e con il diploma in tasca, Guccini trova lavoro come istitutore in un collegio di Pesaro, ma si tratta di un'esperienza breve e deludente: viene infatti licenziato dopo appena un mese e mezzo. Non vanno meglio i contemporanei studi universitari; il primo anno, con il passaggio da Modena a Bologna, è infatti un fallimento: un solo esame sostenuto. "Non sapevo nemmeno da dove si cominciasse per preparare un esame. Fu solo dopo il militare [...] che la mia vita universitaria assunse un senso. E fu lì, durante il militare, che scoprii Borges e Umberto Eco. [...] Ed è sempre lì che conobbi il persiano, ovvero Omar Al Khayyam, un poeta del 1300 di cui parla spesso Borges".



Proprio nel 1961 Francesco si trasferisce con la famiglia a Bologna, in via Massarenti, "a due passi da Via Paolo Fabbri". L'anno dopo parte per il militare, con tappe a Lecce, Roma e Trieste. Si tratta di un'esperienza positiva per Francesco, il quale, prima di partire, aveva scritto "un po' per pudore un po' per vergogna", L'antisociale, La ballata degli annegati e Venerdì santo, canzoni che egli stesso definisce tentativi.
Nella sua maturazione musicale e artistica, al ritorno dal militare, risultano decisive alcune "diete musicali. Importante fu il Cantacronache di Fausto Amodei, Sergio Liberovici e Michele Straniero, che mi introdusse nel mondo delle canzoni popolari e anarchiche".
Forte di questo incontro Francesco riprende le sue esibizioni con un gruppo di cui fa parte anche il poeta Adriano Spatola. E intanto riprende a frequentare l'università. "Fingendo di studiare, con delle amiche che fingevano di studiare anche loro" all'Osteria dei Poeti, sfondo de L'ubriaco. Con vecchi e nuovi amici il ritrovo preferito è proprio quell'osteria, senza dimenticare lo storico bar Grande Italia e La grondaia.



La brutta esperienza con l'Equipe induce Guccini ad iscriversi alla SIAE: Dio è morto è così la prima canzone a comparire con la sua firma. Interpretata dai Nomadi, viene censurata dalla Rai ma ottiene "l'assenso della Radio Vaticana e dello stesso Paolo VI, che definisce il testo un lodevole esempio di esortazione alla pace e al ritorno a giusti e sani principi morali".
Il successo di Dio è morto procura a Guccini un contratto editoriale in esclusiva con la Emi-Voce del Padrone, con un compenso iniziale di ottantamila lire, presto aumentato a cento e quindi a duecento. Propio per la Emi incide il suo primo 33 giri, Folk beat N.1 ed all'ultimo momento viene inclusa nel disco In morte di S.F. (nota anche con il titolo Canzone per un'amica), composta in quei giorni in memoria di un'amica morta in un incidente stradale. Nonostante il balbettante risultato delle vendite, grazie a Caterina Caselli e Giorgio Gaber, Guccini fa il suo esordio in TV cantando Auschwitz: è il 5 maggio 1967. Dopo aver registrato un 45 giri ed il suo secondo album (Due anni dopo), nel gennaio del 1970 Francesco parte per gli Stati Uniti, forte della curiosità di vedere quel paese che aveva conosciuto attraverso i libri ma, soprattutto, per raggiungere Eloise Dunn, una sua allieva al Dickinson College con la quale aveva intrecciato una relazione sentimentale (parallela alla "relazione universitaria" con Roberta). Il viaggio è una vera e propria delusione: degli americani in genere lo infastidiscono certi approcci linguistici che rasentano l'ineducazione; coi familiari di Eloise (con la madre, soprattutto) entra ben presto in aperto conflitto. Insomma: "l'America era meglio immaginarla che vederla", pensa Guccini. E torna a casa. Da quell'esperienza nasce L'orizzonte di K.D., "dove K.D. sono le iniziali di Karen Dunn, sorella di Eloise. Karen, in realtà, non c'entrava niente. Per pudore o per orgoglio non volli indirizzare la canzone a Eloise, o meglio la indirizzai a lei fingendo di parlare a un'altra. Mi feci inoltre crescere la barba lunga e i capelli ancora più lunghi. [...] Di quei tempi mi resta la barba. Non l'ho più fatta, da allora".



Appena rientrato, si trasferisce in Via Paolo Fabbri 43 con la futura moglie Roberta. Nell'ottobre del 1970 esce L'isola non trovata, alla cui registrazione collaborano come musicisti Vince Tempera, Ares Tavolazzi ed Ellade Bandini, ovvero il nucleo originario di quello che ancor oggi è il gruppo di Francesco. Nell'album, pieno di riferimenti letterari (da Gozzano a Salinger), viene inclusa anche Un altro giorno è andato, pubblicata originariamente come singolo. Il 1972 è invece l'anno del quarto album (Radici), quello della consacrazione. Memorabile e suggestiva resta senza dubbio La locomotiva, composta in mezz'ora ed ispirata da un fatto realmente accaduto: era il 20 luglio del 1893 quando l’anarchico Pietro Rigosi, macchinista, mandò a schiantare una locomotiva contro una vettura in sosta nei pressi della stazione di Bologna. L'enorme fama di questa canzone non oscura peraltro la bellezza di altri brani: da La canzone dei dodici mesi a Piccola città, da Incontro a Il vecchio e il bambino.



Amerigo, pubblicato nel 1978, è già il suo ottavo album. Della canzone omonima, dedicata ad Enrico, un suo prozio emigrato in America e morto nel 1963, Guccini afferma, enfaticamente ma con sincerità, che "è la più bella, completa, finita, ricca di cose e forse una delle più belle che io abbia mai scritto", un confronto-contrasto tra l'America reale di "Amerigo" (fatta di lavoro e fatica, di giorni duri e difficili, di sudore e antracite) e quella di Francesco, "sognata a Pàvana dal mulino e da bambino": due "immagini che non si sovrappongono se non nel finale, quando capisco che quell'uomo era il mio volto, era il mio specchio. Amerigo ero io".
Nello stesso anno, dall'unione con la nuova compagna, Angela, nasce la prima ed unica figlia di Guccini: la Teresa cantata in Culodritto ed E un giorno... Non prima di Album concerto, il live realizzato con i Nomadi nel 1979, nel 1981 esce Metropolis, disco non troppo amato dall'autore, eppure molto denso e al tempo stesso sognante.
Due anni più tardi tocca a Guccini, l'undicesimo. Fra le sei canzoni che compongono l'album, Autogrill è definita dallo stesso autore come quella "più misteriosa in assoluto [...], intravista e non vissuta, venuta fuori chissà come. Nacque a Pàvana ed è il resoconto di ciò che non fu mai, ovvero un sogno mai avverato". Sull'album stesso, dice: "Guccini è per me l'impossibilità di viaggiare. Puoi raggiungere ogni parte del mondo in poche ore ma sei sempre condannato a essere turista. Per viaggiare e al tempo stesso vivere bisognerebbe avere sei o sette vite". Nel 1984 Francesco partecipa al grande concerto di Piazza Maggiore, a Bologna, cui prendono parte altri artisti, dai Nomadi a Paolo Conte, da Giorgio Gaber all'Equipe 84. "Parte di quel concerto finì su Fra la Via Emilia e il West. Due volumi recentemente stampati anche su CD".
Dopo tre anni fuori dai riflettori, esce nel 1987 Signora Bovary: è l'album di Culodritto e Van Loon dedicate, rispettivamente, alla figlia ed al padre scomparso. Solo un anno dopo uscirà ...quasi come Dumas..., occasione per rispolverare vecchie canzoni.
Personaggio eclettico e poliedrico, Guccini chiude gli anni ottanta (è il 1989) affacciandosi anche al mondo dell'editoria: pubblica presso Feltrinelli Cròniche epafàniche cui seguirà nel 1993, quale suo "seguito naturale", Vacca d'un cane, edito ancora da Feltrinelli.



Il 1990 (anno d'uscita di Quello che non...) regala agli appassionati di musica veri capolavori. "Battezzai gli anni '90 con la negazione di Quello che non... Una negazione che tutti hanno definito montaliana e che invece è, più semplicemente, lo sfogo di uno che scopre di vivere con una persona che non lo considera più molto. Nel brano che dà il titolo all'album, la coppia non esiste, è dissolta, sparita, non è più niente. L'io narrante si rivolge a un'interlocutrice, come spesso accade nelle mie canzoni. La dissoluzione del rapporto emerge da una serie di immagini secche che, in apparenza, non hanno molto a che fare con il rapporto di coppia e che si sovrappongono l'una all'altra. Era un momento mio di grandi incertezze. Nonostante si trattasse di una questione privata, sotto c'era anche, per vie oblique, tutto il malessere delle sinistre, in evidente crisi d'identità. Credo che entrambi i disamori si siano influenzati a vicenda". Il secondo brano, Canzone delle domande consuete, viene premiata dal Club Tenco di Sanremo come canzone dell'anno.
Bisognerà aspettare altri quattro anni per ascoltare un nuovo LP del "maestrone": solo nel 1994, infatti, esce Parnassius Guccinii, disco "un po' ruvido" a detta dello stesso cantautore che ne spiega anche l'origine del titolo: "nel 1993 arriva la farfalla. O meglio, la farfalla arriva molto prima, ma solo in quell'anno viene accostata al mio nome. Giovanni Sala, un entomologo dilettante, scoprì una nuova farfalla nell'appennino tosco-emiliano e decise di chiamarla Parnassius Mnemosyne Guccinii in mio onore e per gratitudine, essendo abituale consumatore dei miei dischi e della mia musica. Questa cosa mi fece molto piacere, un po' perché la farfalla in questione era una sorta di lepidottero robusto e montanaro, non quindi una di quelle farfalle bellissime e un po' fighette che si vedono in giro; un po' perché mi gratificava l'idea di aver dato un nome a qualcosa che sarebbe durata per sempre. Non so, infatti, se la mia musica abbia questa facoltà". Il disco si apre con Canzone per Silvia, Silvia Baraldini, "la cui storia, indipendentemente dalle idee politiche e dal giudizio di colpa, deve far riflettere chiunque abbia a cuore i diritti umani".



Il 1996 è invece l'anno di D'amore di morte e di altre sciocchezze, nel quale, oltre a Cirano e Quattro stracci, salta all'orecchio Lettera, un brano dedicato a due amici scomparsi: Bonvi e Victor Sogliani.
Passano dodici mesi e Francesco fa il suo esordio nella letteratura noir, segno di una continua sperimentazione: esce Macaronì, un giallo scritto a quattro mani con Loriano Macchiavelli e subito tradotto in tedesco e in francese.
Nel 1998, per celebrare i trent'anni di attività, la Emi pubblica raccolte di artisti della sua etichetta: in questo contesto vede la luce il doppio album Guccini live collection, che non è opera del cantautore, il quale precisa: "non ho seguito tutte le fasi di lavorazione, ho semplicemente dato il mio assenso alla Emi affinché lo pubblicasse. La prova che io non c'entro è data da quel terribile errore ortografico in copertina: nel titolo "Un'altro giorno è andato", "un altro" è scritto con l'apostrofo. Mi sono indignato assai. [...] Tutto, dalla grafica alla copertina alla scelta delle canzoni, è stato fatto con il mio assenso, ma senza di me".
Non pago del successo di Macaronì, sempre nel 1998 e sempre in collaborazione con Macchiavelli, pubblica Un disco dei Platters e dà inoltre alle stampe il suo atteso Dizionario del dialetto di Pàvana (Nuèter, Pavana).
Dopo I giorni cantati (1979) e Musica per vecchi animali (1989), Guccini torna a calcare le scene di Hollywood: convinto dall'amico Luciano Ligabue partecipa al film Radio Freccia, nella parte di "un barista scoglionato, burbero ma buono".



Il 2000 è l'anno del ritorno alla musica: esce Stagioni, che da Paolo Jachia, forse il più attento guccinologo in circolazione, è stato definito "una summa delle tematiche che accompagnano tutta la produzione artistica e intellettuale di Francesco: l'esistenzialismo, la polemica contro tutte le ingiustizie e i falsi ideali, il vivere giornaliero e lo scorrere inesorabile del tempo, la rabbia e l'indignazione per la propria impotenza a cambiare le cose e la vita, e poi l'amore, visto come specchio di se stessi, delle proprie belle illusioni e anche delle proprie fragilità, e ancora la fantasia e l'ironia e l'umorismo come baluardo contro l'inutile follia realista degli uomini integrati al potere, e poi la coerenza con la propria storia e le proprie radici, la coscienza dell'appartenere, in senso profondo, alla terra e al popolo, e il rifiuto della cultura piccolo borghese e l'adesione profonda al grande sogno anarchico, libertario, democratico, comunista (l'Utopia)".
Altre due fatiche letterarie a quattro mani con Loriano Macchiavelli (Questo sangue che impasta la terra e Lo spirito e altri briganti) ed una raccontando la Bologna di quarant'anni fa in Cittanòva Blues, precedono l'ultimo album in ordine cronologico di Francesco Guccini: Ritratti. Un album musicale, lirico e coinvolgente come pochi altri. Solo un anno più tardi la EMI sceglie di pubblicare il live Anfiteatro, in edizione CD e DVD, registrato nella splendida cornice dell'Anfiteatro di Cagliari. Sempre la EMI, per festeggiare i 40 anni d'attività discografica di Guccini, dopo Folk beat n.1 del 1966, fa uscire una corposa raccolta gucciniana: The Platinum Collection, 234 minuti di musica che è anche un pezzo di storia orale.
In molti, oggi, si chiedono quale sarà l'anno buono per il prossimo album inedito di Francesco, dimenticando che Pàvana impone i suoi ritmi, costanti, mai frenetici, sempre fertili. Di certo si sa che sono in divenire due libri (un romanzo con il solito Macchiavelli ed una raccolta di racconti ispirati da viaggi in terre lontane), oltre che le nuove canzoni dell'album (Ieri pomeriggio, Su in collina, Canzone di Notte n. 4).




Da questo disco, Guccini dimostra definitivamente che si può essere al tempo stesso "burattinaio di parole" (autodefinizione sua) e discreto musicista.
Dico definitivamente perché di canzoni azzeccate musicalmente se ne trovano fin dai primi dischi, ma qui colpiscono anche la cura degli arrangiamenti e la raffinatezza di certe soluzioni.
Grande merito va anche all'ormai affiatatissimo gruppo che lo accompagna quasi da sempre: gente come Ares Tavolazzi, Ellade Bandini,
Vince Tempera e altri prima o poi fa sentire il proprio peso, con buona pace degli arrangiamenti "naif" anni '70 di quell'arruffone di Pier Farri.
Al nucleo ormai storico qui si è unito l'egregio sassofonista Antonio Marangolo, ma è Juan Carlos "Flaco" Biondini ad imporsi, non solo come grande chitarrista, ma anche come coautore in "Scirocco",
splendido tango di indubbio sapore piazzolliano, con tanto di bandoneon in bella evidenza, il tutto a valorizzare il bellissimo testo, guccinianamente teso a scoprire cosa c'è "dietro la faccia abusata delle cose,
nei labirinti oscuri delle case, dentro lo specchio segreto di ogni viso, dentro di noi".
La stessa eterna domanda, da sempre spina nel fianco di Guccini, si ripete ossessi-vamente in "Signora Bovary" : "Ma che cosa c'è... proprio in fondo in fondo, quando bene o male faremo due conti...".
La risposta ovviamente rimane sospesa, e forse è nel vento, come ha detto qualcuno.
"Van Loon" è così commovente che Guccini ha dichiarato di non riuscire a cantarla nei concerti, dal momento che è dedicata e riferita a suo padre, uno di quegli uomini di modesta estrazione e cultura di una volta,
con pochi mezzi ma una grande sete di conoscenza, che all'epoca si poteva soddisfare attraverso i libri di divulgazione scientifica di questo olandese,
che lo stesso autore definisce "una specie di Piero Angela dei suoi tempi". Per l'ascolto si consiglia l'uso di uno o più fazzoletti, ma è bellissima.
Stesso discorso per "Keaton", scritta insieme a Claudio Lolli, e già questo è garanzia assoluta che non si ride.
Ben 11 minuti per una doppia canzone: la "prima" Keaton è la storia di un amico jazzista "appassionato e puro", e quindi perdente, destinato prima a scomparire e poi a scivolare verso altri mondi
("ci son parole, tempi e ritmi anche dentro un ospedale"); la musica fa un po' l'occhiolino al jazz, ma i brividi sono in agguato, e ci aggrediscono nella "seconda" Keaton, quasi un lampo,
un'apparizione del vero Keaton, intravisto ormai distrutto dall'alcool durante le riprese di un film di Franchi e Ingrassia ("la faccia, la solita, senza allegria").
Si consiglia di riprendere i fazzoletti già bagnati con "Van Loon", e nel frattempo a-sciugati grazie a "Culodritto", uno sguardo verso il futuro, visto attraverso gli occhi della figlia,
così chiamata per il suo tipico modo di camminare impettita, ma anche uno sguardo indietro ai ricordi d'infanzia di Guccini, così indelebili e vivi da occupare in pratica l'intero primo romanzo gucciniano,
"Croniche Epafàniche". Cose che la figlia non potrà mai avere, come le "risse terrose di campi, cortili o di strade" o "il sapore dell'uva rubata a un filare".
Di ricordi abbonda anche "Le piogge d'aprile", quelle che "in un attimo lavavano un'anima o una strada" e che ora sono attese con ansia "come uno schiaffo improv-viso" per ricominciare a vivere in modo più vero.
Di "Canzone di notte n° 3" (ultima della serie, almeno per ora) basta citare l'inizio: "Esistenza che stai qui di contrabbando", che è sintomatico di tutto il resto. Come le altre due,
nasce dalle proverbiali "sbornie riflessive" gucciniane.
E così, lasciandoci in questa alcoolica ma lucida angoscia, si chiude il capolavoro della maturità di Guccini.




Cantautore: Francesco Guccini
Titolo: Signora Bovary
Anno: 1987
Genere: Folk
Formato: Lossless FLAC



01 - Scirocco
02 - Signora Bovary
03 - Van Loon
04 - Culodritto
05 - Keaton
06 - Le piogge d'aprile
07 - Canzone di notte n°3

E' la mia prima rel, sicuramente c'è qualche imperfezione. Vedrò di sistemare e completare le informazioni che mancano.
Grazie a Mr.Do per il materiale prestato.

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